
Contrariamente alla credenza popolare, il successo del carico di carboidrati non dipende dall’abbuffata di pasta, ma da un protocollo di precisione che sincronizza nutrizione, idratazione e allenamento.
- La chiave è un aumento progressivo dei carboidrati (fino a 8-10g/kg) sincronizzato con una drastica riduzione dei volumi di allenamento (tapering).
- L’idratazione efficace previene i crampi non con litri d’acqua, ma con un apporto bilanciato di elettroliti, in particolare il sodio.
Raccomandazione: Smetti di seguire regole generiche e inizia a testare la tua tollerabilità gastrica e il tuo tasso di sudorazione durante gli allenamenti lunghi per costruire il tuo protocollo personalizzato.
La settimana prima di una maratona, l’ansia di ogni runner si concentra su un unico, quasi mitologico rituale: il carico di carboidrati. L’immagine di piatti colmi di pasta invade la mente, portando con sé la promessa di serbatoi di glicogeno pieni e un’energia inesauribile. Eppure, a questa speranza si affianca un timore altrettanto potente: quello di arrivare sulla linea di partenza sentendosi gonfi, pesanti e con lo stomaco in subbuglio. Molti si affidano a consigli generici come “mangia più pasta” o “evita le fibre”, ma spesso questi approcci mancano di precisione e portano a risultati deludenti o controproducenti.
La verità è che la strategia nutrizionale per una gara di endurance è una scienza esatta, non un’opinione. E se la vera chiave non fosse semplicemente la quantità di carboidrati ingeriti, ma la perfetta sincronizzazione tra nutrizione, idratazione e riduzione dell’allenamento? Il segreto per una performance ottimale non risiede nell’abbuffata indiscriminata, ma in un protocollo di precisione che massimizza le scorte energetiche senza compromettere la leggerezza e il benessere gastrointestinale. Questo approccio trasforma il corpo in una macchina da corsa efficiente, pronta a sostenere lo sforzo per oltre 42 chilometri.
Questo articolo non ti darà una formula magica, ma qualcosa di molto più potente: la conoscenza dei meccanismi fisiologici e le strategie tecniche per costruire il TUO piano di carico perfetto. Analizzeremo come ottimizzare l’assunzione di liquidi per prevenire i crampi, cosa scegliere tra gel e cibi solidi in gara, e come gestire il recupero immediato. Attraverso un’analisi dettagliata, ti guideremo passo dopo passo verso la linea di partenza, sentendoti non solo pieno di energia, ma anche fresco, leggero e pronto a dare il massimo.
Per navigare con chiarezza attraverso le complesse fasi della preparazione nutrizionale, abbiamo strutturato questa guida in sezioni specifiche. Ognuna affronta una domanda critica che ogni maratoneta si pone, fornendo risposte basate su evidenze scientifiche e strategie pratiche.
Sommario: Il protocollo nutrizionale completo per la tua maratona
- Perché svuotare le riserve prima di riempirle (supercompensazione) è rischioso ma efficace?
- Come ridurre i volumi prima della gara per arrivare freschi e non “imballati”?
- Quando mangiare l’ultimo boccone solido prima dello start per avere energia senza pesantezza?
- Acqua o isotonico: cosa bere ogni 20 minuti per evitare i crampi al 30° km?
- Il rischio mortale di bere troppa acqua pura senza sodio durante le gare calde
- Gel tecnici o panini al miele: cosa è più tollerabile per lo stomaco dopo 4 ore?
- Quando assumere zuccheri veloci per fermare il catabolismo appena tagliato il traguardo?
- Come preparare una maratona o granfondo in 6 mesi senza infortunarsi o divorziare?
Perché svuotare le riserve prima di riempirle (supercompensazione) è rischioso ma efficace?
Il concetto di supercompensazione del glicogeno è un pilastro della nutrizione per l’endurance. La teoria classica, sviluppata negli anni ’60, prevedeva una fase iniziale di deplezione delle scorte di carboidrati attraverso allenamenti intensi e una dieta povera di zuccheri, seguita da 3 giorni di carico ad alto tenore di carboidrati e riposo. Questo shock metabolico spinge il corpo a immagazzinare più glicogeno del normale. Tuttavia, questo metodo, noto come “protocollo svedese”, è oggi considerato obsoleto e rischioso. La fase di deplezione può causare irritabilità, un aumento del rischio di infezioni e una sensazione generale di spossatezza, compromettendo la freschezza mentale e fisica prima della gara.
L’approccio moderno, molto più efficace e sicuro, elimina la fase di deplezione totale. Si concentra invece su un aumento progressivo e scientifico dell’apporto di carboidrati, sincronizzato con la riduzione del volume di allenamento (il tapering). Questo permette di raggiungere la supercompensazione senza gli effetti collaterali negativi. L’illustrazione seguente mostra visivamente come la quantità di carboidrati debba aumentare man mano che i chilometri percorsi diminuiscono.

Nei 3-4 giorni finali prima della maratona, l’obiettivo è raggiungere un apporto di 8-10 grammi di carboidrati per kg di peso corporeo al giorno. Per un atleta di 70 kg, ciò si traduce in 560-700 grammi di carboidrati quotidiani. Questo non significa mangiare senza controllo, ma scegliere alimenti ad alta densità di carboidrati e a basso contenuto di fibre e grassi, come pasta bianca, riso, patate lesse e pane bianco, per massimizzare l’assorbimento e minimizzare il rischio di problemi gastrointestinali.
Come ridurre i volumi prima della gara per arrivare freschi e non “imballati”?
Il tapering, ovvero la riduzione strategica del carico di allenamento nelle settimane che precedono la gara, è tanto cruciale quanto la nutrizione. Arrivare “imballati” o affaticati alla partenza è uno degli errori più comuni, spesso dettato dalla paura di perdere la forma fisica accumulata. In realtà, il tapering è il momento in cui il corpo non solo ripara i micro-danni muscolari, ma, se abbinato a un corretto carico di carboidrati, massimizza le scorte di glicogeno. La regola d’oro è: ridurre il volume, non la frequenza. Se ti alleni 4 volte a settimana, continuerai a farlo, ma la durata e l’intensità delle sessioni diminuiranno drasticamente.
Nelle ultime due settimane, il volume di allenamento dovrebbe essere ridotto progressivamente. Nella penultima settimana si corre circa il 50-60% del chilometraggio massimo, mentre nell’ultima settimana si scende al 25-30%, con solo brevi corse facili per mantenere le gambe attive. Questo periodo di “scarico attivo” è fondamentale. L’errore da non commettere è fermarsi completamente, poiché ciò potrebbe portare a una sensazione di gambe pesanti e legnose il giorno della gara. Attività come nuoto leggero o stretching dolce possono aiutare a mantenere la mobilità e favorire il recupero senza aggiungere stress muscolare.
La perfetta sincronizzazione tapering-nutrizione è l’obiettivo finale. Mentre i chilometri diminuiscono, l’apporto calorico, in particolare quello derivante dai carboidrati, deve aumentare. Questo surplus energetico, non più bruciato in allenamento, viene stoccato sotto forma di glicogeno nei muscoli e nel fegato. Seguire un piano preciso permette di arrivare alla partenza con i serbatoi pieni al massimo e il corpo completamente riposato, una combinazione esplosiva per la performance.
Il tuo piano d’azione per il tapering combinato:
- Settimana -2: Riduci il volume totale di allenamento del 20-25%. Mantieni l’apporto di carboidrati a un livello normale (es. 5-6g/kg) per sostenere gli ultimi allenamenti di qualità.
- Settimana -1 (giorni -7 a -4): Taglia il volume del 50-60%. Inizia ad aumentare i carboidrati a 7-8g per kg di peso corporeo. Le uscite sono più brevi e a ritmo blando.
- Ultimi 3 giorni: Esegui solo corse molto facili di 20-30 minuti. Porta i carboidrati al picco di 9-10g/kg, privilegiando fonti semplici e digeribili.
- Frequenza e recupero: Mantieni il numero di uscite settimanali ma dimezzane la durata. Integra il tutto con attività di recupero attivo come passeggiate o stretching leggero.
- Audit finale: L’ultimo giorno prima della gara, evita qualsiasi attività fisica faticosa. Concentrati sul riposo, l’idratazione e i pasti finali, senza sperimentare nulla di nuovo.
Quando mangiare l’ultimo boccone solido prima dello start per avere energia senza pesantezza?
La colazione pre-gara è l’ultimo, decisivo passo della strategia nutrizionale. Il suo obiettivo è duplice: completare le scorte di glicogeno epatico, consumate durante il digiuno notturno, e fornire energia stabile senza appesantire l’apparato digerente. La regola fondamentale è il timing: l’ultimo pasto solido dovrebbe essere consumato circa 3 ore prima dello sparo di partenza. Questo intervallo è necessario per una digestione completa e per evitare che il sangue sia richiamato allo stomaco anziché ai muscoli durante lo sforzo.
Cosa mangiare? La scelta deve ricadere su cibi familiari, già testati in allenamento, ricchi di carboidrati complessi e poveri di grassi e fibre, che rallenterebbero la digestione. Come sottolinea la guida di Running4You:
A colazione è corretto prediligere l’assunzione di carboidrati a basso Indice Glicemico e di proteine ad alta digeribilità, da consumarsi circa 3 ore prima della partenza.
– Running4You, Alimentazione per la Maratona – Sfatiamo qualche mito
Questo si traduce in opzioni concrete come pane bianco tostato con marmellata o miele, fette biscottate, gallette di riso o una piccola porzione di fiocchi d’avena cotti in acqua. Una modesta fonte di proteine magre, come qualche fetta di bresaola o prosciutto cotto magro, può contribuire a stabilizzare la glicemia. Da evitare assolutamente cibi “tradizionali” della colazione italiana come cappuccino e cornetto, troppo ricchi di grassi e lattosio, che possono causare problemi intestinali in gara. Anche la frutta, sebbene sana, andrebbe limitata a una banana o a piccole quantità per via del suo contenuto di fibre.
Ecco tre esempi di colazioni pre-maratona, bilanciate e testate, ideali per il runner italiano:
- Opzione Classica: 4 fette di pane bianco tostato con 2 cucchiai di marmellata, accompagnate da 60g di prosciutto cotto magro e 5 mandorle.
- Opzione Veloce e Leggera: 6 gallette di riso con un cucchiaio di miele, 70g di bresaola e un tè verde per l’idratazione.
- Opzione “da Atleta”: 80g di fiocchi d’avena cotti in acqua (porridge) con una banana a fette, un cucchiaio di miele e un pizzico di sale per gli elettroliti.
Acqua o isotonico: cosa bere ogni 20 minuti per evitare i crampi al 30° km?
Il “muro” del maratoneta e i crampi muscolari, spesso attribuiti solo alla fatica, sono in gran parte il risultato di due fattori: la deplezione di glicogeno e, soprattutto, la disidratazione e lo squilibrio elettrolitico. Bere solo acqua, specialmente in gare lunghe, non è sufficiente e può addirittura essere pericoloso. Durante lo sforzo, con il sudore non si perdono solo liquidi, ma anche sali minerali fondamentali come sodio, potassio e magnesio. Il sodio, in particolare, è cruciale per la contrazione muscolare e per la regolazione dei fluidi corporei.
La strategia vincente è bere poco e spesso, idealmente 150-200 ml ogni 20-25 minuti, fin dai primi ristori. Ma cosa bere? La scelta dipende dalla temperatura e dall’intensità dello sforzo. In condizioni fresche (<15°C), l’acqua può essere sufficiente nelle prime fasi, ma è fondamentale integrarla con bevande isotoniche o elettrolitiche man mano che la gara procede. Una bevanda è definita “isotonica” quando ha una concentrazione di soluti (zuccheri e sali) simile a quella del sangue, permettendo un assorbimento rapido. L’obiettivo è reintegrare simultaneamente liquidi, carboidrati ed elettroliti.
Un approccio da professionista, come suggerito in un’analisi su protocolli di idratazione personalizzati, è quello di eseguire un “test del sudore”. Pesarsi prima e dopo un allenamento lungo in condizioni simili a quelle di gara permette di stimare la propria perdita di liquidi oraria e, di conseguenza, di pianificare un reintegro più preciso. Per la maggior parte degli atleti, l’alternanza tra acqua e bevande saline ai ristori è la soluzione più pratica ed efficace.
Sul mercato italiano, diverse opzioni offrono profili nutrizionali adatti a diverse condizioni. La tabella seguente mette a confronto due prodotti molto diffusi tra i runner.
| Marca | Carboidrati per 100ml | Sodio (mg) | Osmolarità | Quando usare |
|---|---|---|---|---|
| Enervit Isotonic | 6g | 46mg | 280-300 mOsm/L | Temperature moderate (15-20°C) |
| NamedSport Hydrafit | 7g | 50mg | 290-310 mOsm/L | Caldo intenso (>25°C) |
| Acqua + sale | 0g | 100mg (1/4 cucchiaino) | 150 mOsm/L | Temperature fresche (<15°C) |
Il rischio mortale di bere troppa acqua pura senza sodio durante le gare calde
Se bere troppo poco porta alla disidratazione, bere troppa acqua pura durante uno sforzo prolungato può condurre a una condizione ancora più insidiosa e potenzialmente fatale: l’iponatriemia da sforzo. Questo disturbo si verifica quando la concentrazione di sodio nel sangue scende a livelli pericolosamente bassi. Succede perché l’atleta, sudando, perde sodio e, contemporaneamente, diluisce quello rimasto nel corpo bevendo grandi quantità di liquidi senza elettroliti. Le cellule cerebrali, per bilanciare la concentrazione di soluti, assorbono l’acqua in eccesso, gonfiandosi e causando un pericoloso aumento della pressione intracranica.
I sintomi iniziali sono subdoli e possono essere confusi con la disidratazione: confusione, vertigini, nausea e crampi. Tuttavia, se la condizione peggiora, può portare a edema cerebrale, convulsioni, coma e, nei casi più gravi, alla morte. Non si tratta di un rischio teorico. Come evidenziato da un report medico, durante la maratona di Boston del 2002, il 13% dei partecipanti ha mostrato sintomi di iponatriemia. Un caso documentato di un corridore con livelli di sodio estremamente bassi ha portato a un esito fatale a causa di un’erniazione del tronco cerebrale.
Come prevenire questa grave condizione? La chiave è duplice:
- Bere secondo la sete: Abbandonare la vecchia regola di “bere prima di avere sete”. Il meccanismo della sete è un regolatore estremamente efficiente del bilancio idrico. Forzarsi a bere a intervalli fissi senza reale necessità può portare a un’iperidratazione.
- Integrare sodio: Specialmente nelle giornate calde, è imperativo consumare bevande che contengano elettroliti. L’obiettivo è assumere bevande con circa 460-690 milligrammi di sodio per litro, che non solo prevengono l’iponatriemia ma facilitano anche l’assorbimento dei liquidi e dei carboidrati.
La paura della disidratazione ha spinto molti atleti a un’eccessiva assunzione di liquidi. La consapevolezza moderna ci insegna che l’equilibrio è tutto. Ascoltare il proprio corpo e fornire non solo acqua, ma anche i sali persi con il sudore, è la strategia più sicura ed efficace per tagliare il traguardo in salute.
Gel tecnici o panini al miele: cosa è più tollerabile per lo stomaco dopo 4 ore?
Dopo due o tre ore di corsa, quando le scorte di glicogeno iniziano a esaurirsi, l’integrazione energetica diventa fondamentale per evitare il “muro”. La domanda che affligge ogni maratoneta è: cosa assumere? Gel energetici ultra-tecnici o alternative più naturali come un panino al miele o della frutta secca? La risposta non è univoca e dipende da un fattore cruciale: la tollerabilità gastrica individuale, che tende a diminuire con l’aumentare della durata e dell’intensità dello sforzo.
I gel energetici sono la scelta più comune per la loro praticità e la formulazione scientifica. Sono composti principalmente da carboidrati a rapido assorbimento (maltodestrine, glucosio, fruttosio) e spesso arricchiti con elettroliti o caffeina. L’efficacia massima si ottiene con prodotti che combinano diverse fonti di zuccheri, come il glucosio e il fruttosio, in un rapporto 2:1. Questa combinazione utilizza differenti trasportatori intestinali, permettendo di assorbire una quantità maggiore di carboidrati all’ora, fino a 1,75 grammi al minuto, secondo studi sull’assorbimento intestinale, riducendo il rischio di disturbi gastrici.
Tuttavia, molti atleti trovano i gel troppo dolci, di consistenza sgradevole o difficili da digerire dopo molte ore di gara. Per questi runner, esistono alternative solide o semi-solide, spesso più naturali. L’importante è che siano facili da masticare e deglutire, e composte quasi esclusivamente da carboidrati. Le opzioni disponibili nei supermercati italiani sono numerose:
- Datteri denocciolati: Ricchi di potassio, forniscono circa 18g di carboidrati ogni 3 datteri.
- Albicocche secche: Buona fonte di ferro, contengono circa 11g di carboidrati per 4 pezzi.
- Gallette di riso: Leggere e facili da trasportare, apportano 7-8g di carboidrati ciascuna.
- Miele in bustine monodose: Energia pura e naturale, con circa 17g di carboidrati per bustina.
- Piccoli pezzi di crostata alla marmellata: Un’opzione più “casalinga”, ma efficace se ben tollerata.
Come afferma la nutrizionista Elena Casiraghi, non esiste una scelta giusta in assoluto. La soluzione è la sperimentazione.
La chiave per la scelta dei prodotti energetici sta nell’allenamento e nei test personali durante gli allenamenti, dove potremo simulare le condizioni della maratona e sperimentare diversi prodotti.
– Elena Casiraghi, ENDU Channel – Nutrizione sportiva
Quando assumere zuccheri veloci per fermare il catabolismo appena tagliato il traguardo?
Tagliare il traguardo di una maratona è un’esplosione di gioia, ma per il corpo rappresenta l’apice di uno stress metabolico e muscolare. I muscoli sono danneggiati, le scorte di glicogeno sono ai minimi storici e gli ormoni dello stress, come il cortisolo, sono a livelli altissimi, promuovendo il catabolismo (la distruzione del tessuto muscolare). In questo scenario, la nutrizione post-gara non è un optional, ma la prima e più importante fase del recupero. Esiste una “finestra di opportunità”, nota come finestra anabolica post-sforzo, che dura circa 30-60 minuti, durante la quale il corpo è eccezionalmente recettivo all’assorbimento di nutrienti.
L’obiettivo immediato è duplice: bloccare il catabolismo e iniziare a ripristinare le scorte di glicogeno. La strategia più efficace è assumere carboidrati ad alto indice glicemico (zuccheri veloci) il prima possibile. Questi stimolano un picco di insulina, un ormone potentemente anabolico che contrasta l’effetto del cortisolo e “apre le porte” delle cellule muscolari al glucosio. Fortunatamente, i ristori finali delle maratone offrono esattamente ciò che serve: frutta fresca come banane e arance, bevande zuccherate o tè dolcificato. Consumare questi alimenti entro i primi 30 minuti è il primo passo fondamentale.
Entro le 2 ore successive, è cruciale consumare un pasto completo che combini carboidrati complessi e proteine di alta qualità. I carboidrati continueranno a riempire i serbatoi di glicogeno, mentre le proteine forniranno gli amminoacidi necessari per riparare le fibre muscolari danneggiate. Un pasto post-maratona “all’italiana” potrebbe essere:
- Piatto tradizionale: Un piatto di pasta al pomodoro con una generosa spolverata di Parmigiano Reggiano, che fornisce sia carboidrati che proteine.
- Opzione bilanciata: Un risotto allo zafferano accompagnato da petto di pollo alla griglia.
- Recupero veloce: Patate lesse con 80g di bresaola e un filo d’olio extra vergine d’oliva.
Ignorare questa fase critica significa prolungare i tempi di recupero, aumentare l’indolenzimento muscolare (DOMS) e compromettere gli allenamenti futuri. Il recupero inizia a tavola, pochi minuti dopo aver fermato il cronometro.
Da ricordare
- Il successo del carico di carboidrati non è una questione di quantità, ma di perfetta sincronizzazione tra l’aumento progressivo dei carboidrati (8-10g/kg) e la riduzione drastica dell’allenamento (tapering).
- La prevenzione dei crampi e dell’iponatriemia dipende da un corretto equilibrio elettrolitico: bevi secondo la sete e integra sempre con sodio, specialmente in condizioni di caldo.
- Non esiste un’integrazione universale: la tollerabilità gastrica è individuale. Testa sistematicamente gel, barrette e cibi naturali durante gli allenamenti lunghi per trovare la tua strategia vincente.
Come preparare una maratona o granfondo in 6 mesi senza infortunarsi o divorziare?
Preparare una maratona è un viaggio che va ben oltre l’allenamento fisico. È un impegno che impatta la vita quotidiana, le relazioni sociali e l’equilibrio familiare. Affrontarlo senza un approccio strutturato e sostenibile è la via più rapida verso l’infortunio, il burnout o, come scherzosamente si dice, il “divorzio”. La chiave del successo a lungo termine non è solo seguire una tabella di allenamento, ma integrare la preparazione in un protocollo di vita equilibrato, dove nutrizione, recupero e gestione del tempo giocano un ruolo paritario.
L’errore più grande è considerare la nutrizione come un dettaglio da curare solo nell’ultima settimana. Come abbiamo visto, ogni fase della preparazione richiede una strategia alimentare specifica. Un piano di 6 mesi permette di periodizzare non solo l’allenamento, ma anche l’alimentazione, e soprattutto di dedicare tempo a una fase cruciale: la sperimentazione sistematica. Invece di arrivare all’ultima settimana con mille dubbi, un atleta saggio dedica i mesi centrali della preparazione a testare tutto: diverse tipologie di colazione pre-allenamento, varie marche di gel e bevande isotoniche, e differenti strategie di carico prima dei lunghi del weekend.
Questo approccio trasforma l’atleta da semplice esecutore a scienziato di se stesso. Come racconta un maratoneta amatoriale:
Nel quarto mese ho dedicato 4 settimane a testare sistematicamente diverse strategie di carico e idratazione prima dei lunghi. Ho scoperto che per me funziona meglio un carico moderato di 7g/kg iniziato 48 ore prima, con pasta a pranzo e riso a cena. Questo mi ha permesso di arrivare alla maratona di Milano con un protocollo personalizzato che mi ha evitato completamente i problemi di gonfiore che avevo avuto l’anno precedente.
– Un maratoneta amatoriale italiano di 40 anni
Un approccio metodico e progressivo, che tratta il corpo con rispetto e la preparazione con intelligenza, è l’unico modo per arrivare al traguardo non solo con un buon tempo, ma con il sorriso, la salute intatta e la voglia di affrontare la prossima sfida.
Per trasformare queste conoscenze in risultati tangibili, il passo successivo è applicare un protocollo di test sistematico durante i tuoi prossimi allenamenti lunghi, diventando l’esperto della tua stessa performance.
Domande frequenti sul carico di carboidrati e l’idratazione in maratona
Quali sono i sintomi premonitori dell’iponatriemia?
I segnali di allarme di un’eccessiva diluizione del sodio nel sangue includono confusione mentale, vertigini, mal di testa, affaticamento inspiegabile, irritabilità, debolezza muscolare, crampi diffusi, nausea e vomito. Questi sintomi possono essere facilmente confusi con la disidratazione, rendendo la condizione particolarmente insidiosa.
Quanto sodio serve durante una maratona calda?
Nelle giornate con temperature elevate, la perdita di sodio con il sudore aumenta significativamente. Per compensare, è raccomandato consumare bevande sportive che contengano tra 460 e 690 milligrammi di sodio per litro. Questa concentrazione non solo previene l’iponatriemia, ma ottimizza anche l’assorbimento di liquidi e carboidrati a livello intestinale.
Come prevenire l’iponatriemia in modo pratico?
La prevenzione si basa su due pilastri. Primo, eseguire un “test del sudore” (pesandosi prima e dopo un lungo per stimare la perdita di liquidi oraria) per avere un’idea del proprio fabbisogno. Secondo, e più importante, imparare a bere ascoltando il proprio corpo e la sete, piuttosto che seguire rigidamente orari prestabiliti, e assicurarsi di alternare l’acqua con bevande contenenti elettroliti.