Pubblicato il Marzo 15, 2024

L’epicondilite non è un destino inevitabile per i padelisti, ma il sintomo finale di una catena di errori che parte dai piedi e attraversa tutto il corpo.

  • La scelta delle scarpe inadatte trasferisce torsioni dannose fino al gomito.
  • Il posizionamento errato in “terra di nessuno” costringe a colpi forzati e scorretti.
  • Un overgrip usurato perde la sua capacità di assorbire le vibrazioni, esponendo le articolazioni.

Raccomandazione: Smetti di pensare solo al braccio. Analizza e ottimizza il tuo gioco come un sistema biomeccanico completo per prevenire l’infortunio alla radice e migliorare le tue performance.

Il suono è familiare su ogni campo da padel in Italia. Un giocatore esce da un lungo scambio, scuote il braccio e si tocca il gomito con una smorfia. L’epicondilite, o “gomito del tennista”, è diventata la compagna indesiderata di troppi appassionati. La reazione istintiva è dare la colpa alla racchetta, cercare un tutore miracoloso o, peggio, stringere i denti e continuare a giocare, aggravando l’infiammazione. I consigli generici abbondano: “scalda bene il braccio”, “fai stretching”, “scegli una racchetta più leggera”. Sebbene non siano del tutto sbagliati, questi approcci trattano solo la punta dell’iceberg.

La verità, spesso ignorata, è molto più complessa e allo stesso tempo più risolvibile. L’epicondilite raramente è un problema isolato del gomito. È, nella maggior parte dei casi, il punto di rottura di una catena cinetica difettosa. Un sistema di errori che inizia dalla suola delle scarpe, si propaga attraverso un posizionamento errato in campo, viene amplificato da una comunicazione inefficace con il partner e culmina in un’attrezzatura che non assorbe ma trasferisce le vibrazioni. Pensare di risolvere il problema cambiando solo la racchetta è come cercare di riparare il tetto di una casa con le fondamenta instabili.

E se la vera chiave per un gioco a parete potente e sicuro non fosse concentrarsi sul gomito, ma sull’intero sistema-giocatore? Questo articolo adotta una prospettiva diversa. In qualità di istruttore federale, ti guiderò attraverso un’analisi ingegneristica del tuo gioco. Smantelleremo, pezzo per pezzo, gli otto errori sistemici che portano il tuo gomito al punto di rottura. Imparerai non solo a scegliere l’attrezzatura giusta, ma a capire il *perché* biomeccanico dietro ogni scelta, ogni movimento e ogni parola scambiata in campo. Preparati a trasformare il tuo approccio, proteggere il tuo corpo e, finalmente, liberare tutto il tuo potenziale a parete.

Per affrontare in modo strutturato questo percorso di ottimizzazione, analizzeremo ogni componente del tuo gioco. Dalla scelta dell’attrezzatura alla preparazione fisica, ogni sezione ti fornirà strumenti concreti per costruire una performance solida e a prova di infortunio. Ecco gli argomenti che tratteremo nel dettaglio.

Forma a diamante o tonda: quale racchetta perdona di più gli errori tecnici?

La scelta della racchetta è il primo passo, ma spesso viene affrontata con la mentalità sbagliata. Il giocatore intermedio, desideroso di più potenza, è attratto dalle racchette a diamante, le stesse usate dai professionisti. Questo è il primo grande errore. Una racchetta a diamante ha un bilanciamento alto e un punto dolce (sweet spot) ridotto e spostato verso la testa. Questo significa che per generare potenza, l’impatto deve essere perfetto. Ogni colpo decentrato non solo risulta debole, ma trasferisce una quantità enorme di vibrazioni negative direttamente all’avambraccio, infiammando i tendini del gomito. È una racchetta che non perdona l’imprecisione tecnica.

Al contrario, una racchetta di forma rotonda ha un bilanciamento basso (verso il manico) e un punto dolce molto più ampio e centrato. Questo la rende intrinsecamente più maneggevole e, soprattutto, più tollerante. Anche quando il colpo non è perfettamente centrato, la racchetta assorbe meglio le vibrazioni e garantisce un’uscita di palla più controllata. Uno studio pratico ha dimostrato che le racchette rotonde, grazie a queste caratteristiche, possono ridurre lo stress al gomito del 30-40% rispetto alle forme a diamante su colpi decentrati. Per un giocatore intermedio che sta ancora affinando la tecnica, la scelta è chiara: la forma rotonda è un’assicurazione sulla salute del proprio gomito.

Per visualizzare meglio queste differenze, il seguente quadro comparativo riassume le caratteristiche chiave delle diverse forme di racchetta in relazione al rischio di epicondilite, basandosi sulle linee guida dei maggiori esperti di attrezzature.

Confronto tra forme di racchette e rischio epicondilite
Forma racchetta Bilanciamento Punto dolce Assorbimento vibrazioni Rischio epicondilite
Rotonda Basso (260-265mm) Ampio Ottimo Basso
Goccia Medio (265-270mm) Medio Buono Medio
Diamante Alto (270-275mm) Ridotto Scarso Alto
Confronto visivo tra racchetta rotonda e diamante per padel con zone di impatto

Come evidenziato, non si tratta solo di forma, ma di un complesso equilibrio tra bilanciamento, zona d’impatto e capacità di assorbimento. Per la prevenzione, la raccomandazione è un peso tra 355-365g, bilanciamento basso e, se possibile, sistemi anti-vibrazione integrati nel telaio o nel manico. La potenza arriverà con la tecnica, non forzando con un’attrezzatura inadatta.

Perché stare nella “terra di nessuno” è il motivo per cui perdete tutti i punti?

La “terra di nessuno” è quella zona di campo a metà strada tra la linea di fondo e la rete. Per un giocatore di livello intermedio, è una calamita. L’istinto dice di stare “pronti a tutto”, ma la realtà biomeccanica è che in quella posizione non si è pronti a niente. Le palle arrivano basse, sui piedi, costringendo a colpi in semi-equilibrio, spesso spezzando il movimento e utilizzando solo il braccio e il polso per alzare la palla. Questo gesto, ripetuto decine di volte in una partita, è una condanna per il gomito. Si tratta di un sovraccarico funzionale generato da una scelta tattica sbagliata.

Il concetto è spiegato perfettamente da un’autorità nel campo della medicina sportiva. Come sottolinea Paolo Arrigoni, specialista dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano:

In ‘terra di nessuno’, la palla arriva bassa e senza potenza, costringendo il giocatore a un colpo forzato e scorretto, spesso solo di braccio e polso, senza l’aiuto delle gambe. Questo schema motorio porta direttamente all’infiammazione del gomito

– Paolo Arrigoni, ASST Gaetano Pini-CTO Milano

La soluzione è una decisione binaria e immediata: o si conquista la rete o si difende da fondo campo. Non esistono vie di mezzo. Per automatizzare questo posizionamento, è fondamentale allenare il cervello a decidere rapidamente. Un esercizio efficace è il “Drill dei cinesini”, che forza il giocatore a uscire dalla sua zona di comfort (o meglio, di *discomfort*) e a prendere una posizione netta in campo.

  1. Posizionare 3 coni a circa 3 metri dalla rete per delimitare visivamente la zona proibita.
  2. Eseguire scambi con un compagno con l’obbligo di giocare i colpi sempre e solo davanti alla linea dei coni (zona di attacco) o dietro la linea di fondo (zona di difesa).
  3. Focalizzarsi sull’eseguire uno split step (un piccolo saltello sulle punte) nel momento esatto in cui l’avversario colpisce la palla. Questo prepara il corpo a muoversi in avanti o indietro.
  4. Dopo lo split step, prendere una decisione immediata: avanzare per chiudere a rete o arretrare per difendere la parete.
  5. Ripetere l’esercizio per 15 minuti a inizio di ogni allenamento per trasformare il movimento in un automatismo.

L’errore di giocare con scarpe da running su un campo in erba sintetica

Questo è forse l’errore più sottovalutato e dannoso, il punto di partenza della nostra catena cinetica difettosa. Molti giocatori alle prime armi o intermedi usano le loro scarpe da running o da palestra per giocare a padel, pensando “una scarpa vale l’altra”. Niente di più sbagliato. Le scarpe da running sono progettate per un movimento lineare e per avere il massimo grip sull’asfalto. Su un campo da padel in erba sintetica con sabbia, questo grip eccessivo diventa un’arma a doppio taglio. Durante i rapidi cambi di direzione e le rotazioni tipiche del padel, il piede, invece di scivolare leggermente, si “inchioda” al terreno.

Questa frenata improvvisa genera un’enorme forza di torsione. L’energia, non potendo essere dissipata a terra, risale lungo la catena cinetica: caviglia, ginocchio, anca e, infine, si scarica sulla parte superiore del corpo, costringendo il braccio e il gomito a compensare con un movimento brusco e innaturale. Come dimostra uno studio biomeccanico sugli infortuni nel padel, le scarpe inadeguate sono un fattore di rischio primario per le patologie infiammatorie, inclusa l’epicondilite. Una scarpa da padel specifica, con la sua suola “a spina di pesce” (clay), è progettata per garantire una micro-scivolata controllata, permettendo rotazioni fluide e proteggendo l’intera struttura corporea.

Scegliere la scarpa giusta è un investimento diretto sulla propria salute. Ecco una guida per non sbagliare.

Checklist per la scelta della scarpa da padel perfetta

  1. Controllo della suola: È del tipo “a spina di pesce” (clay) o “omni”? La prima è ideale per i campi italiani con molta sabbia, garantendo il giusto mix di grip e scivolata.
  2. Test della rotazione: Indossando la scarpa, prova a fare una rotazione sul posto. Il piede deve poter ruotare con una minima frizione, senza bloccarsi di colpo.
  3. Verifica dell’ammortizzamento: Controlla la presenza di tecnologie di ammortizzamento specifiche (es. Gel, Power Cushion) nel tallone e nell’avampiede per assorbire gli impatti dei salti e degli scatti.
  4. Valutazione del supporto laterale: La tomaia è rinforzata sui lati? Questo è fondamentale per contenere il piede durante i rapidi cambi di direzione laterali.
  5. Ispezione dello stato di usura: Se hai già scarpe da padel, controlla la suola. Se i “denti” della spina di pesce sono appiattiti, la scarpa ha perso la sua funzione e va sostituita (in genere ogni 6 mesi di gioco intenso).

Come comunicare col compagno per coprire il buco centrale senza scontrarsi?

Il “buco” centrale è la zona più vulnerabile nel padel di coppia. È lì che gli avversari mirano per creare confusione. L’incertezza su chi debba prendere la palla al centro porta spesso a due scenari, entrambi dannosi. Nel primo, entrambi i giocatori esitano, lasciando passare un punto facile. Nel secondo, entrambi scattano sulla palla, fermandosi all’ultimo istante per evitare lo scontro. Questo scatto e arresto improvviso, seguito da un colpo eseguito in fretta e in una posizione non ottimale, è un’altra fonte di stress biomeccanico che si ripercuote sulla catena cinetica fino al gomito.

Una comunicazione chiara e costante non è solo una questione tattica, ma un meccanismo di prevenzione degli infortuni. Chiamare “MIA!” o “TUA!” con anticipo permette al compagno di non effettuare uno scatto inutile, risparmiando energia e prevenendo movimenti bruschi. Oltre alla comunicazione verbale, a livelli più alti si sviluppa un sistema di codici non verbali per comunicare l’intenzione senza allertare gli avversari. Questi segnali, fatti solitamente dietro la schiena, permettono una copertura del campo fluida e automatizzata.

Due giocatori di padel che comunicano con gesti per coprire il centro campo

Adottare un sistema di comunicazione, anche semplice, riduce drasticamente i momenti di esitazione e i movimenti “sporchi”. Ecco alcuni segnali di base da poter concordare con il proprio partner:

  • Mano aperta dietro la schiena: “Lascio la palla al centro, è tua”.
  • Pugno chiuso: “Vado io sulla palla al centro, coprimi”.
  • Dito puntato verso il lungolinea: “Resta sulla tua diagonale, copro io il centro e il mio lungolinea”.
  • Palmo verso il basso: “Giochiamo basso, non alziamo la palla”.
  • Movimento circolare della mano: “Al prossimo cambio, invertiamo le posizioni”.

Quando aggiungere un overgrip per ridurre le vibrazioni al gomito?

L’overgrip è un altro elemento spesso trascurato, ma vitale per la salute del gomito. La sua funzione non è solo migliorare la presa, ma anche e soprattutto assorbire le vibrazioni generate dall’impatto della palla. Un overgrip nuovo e di buona qualità agisce come un ammortizzatore, smorzando le onde d’urto prima che raggiungano la mano e risalgano l’avambraccio. Con l’uso e il sudore, tuttavia, il materiale si comprime, si indurisce e perde le sue proprietà elastiche. Continuare a giocare con un overgrip usurato è come guidare un’auto con gli ammortizzatori scarichi: ogni buca (ogni impatto) si trasforma in un colpo secco alla struttura.

Test di laboratorio sono impietosi: un overgrip consumato può avere una riduzione fino all’80% della sua capacità di assorbimento rispetto a uno nuovo. Questo significa che la quasi totalità delle vibrazioni viene trasferita al tuo braccio. La domanda quindi non è *se* cambiare l’overgrip, ma *quanto spesso*. La risposta dipende da fattori come la frequenza di gioco, il livello di sudorazione e le condizioni climatiche. Un giocatore in Sicilia d’estate dovrà cambiarlo molto più spesso di uno a Milano d’inverno.

Una regola empirica ma efficace è la “regola del risparmio intelligente”: l’overgrip costa pochi euro, mentre un ciclo di terapie per l’epicondilite può costarne centinaia. Non vale la pena rischiare. Ecco una guida pratica per la gestione ottimale:

  • Condizioni di alta sudorazione (es. estate al Sud): Scegliere overgrip perforati per una migliore traspirazione. Il cambio è raccomandato ogni 3-4 ore di gioco.
  • Condizioni standard (es. inverno al Nord): Un overgrip liscio standard può durare 6-8 ore di gioco.
  • Prevenzione attiva/post-infortunio: Considerare overgrip più spessi, di tipo “cushion”, che offrono un livello di ammortizzazione superiore, anche a costo di una leggera perdita di sensibilità.
  • Il test dello scivolamento: Se durante il gioco senti che la presa non è più sicura e la mano tende a scivolare anche minimamente, è il segnale inequivocabile che l’overgrip va sostituito immediatamente.
  • Scorta strategica: Tieni sempre 2-3 overgrip nuovi nella borsa. È un gesto semplice che può salvarti da settimane di stop.

Quale trattamento scegliere per una tendinite specifica al ginocchio?

Anche se il nostro focus è l’epicondilite, la logica della catena cinetica ci insegna che un problema al ginocchio può influenzare la postura e, di conseguenza, il movimento del braccio. Quando la prevenzione non è bastata e l’infiammazione si presenta (al ginocchio come al gomito), è fondamentale intervenire con l’approccio giusto. Per anni, il protocollo standard è stato il RICE (Rest, Ice, Compression, Elevation). Tuttavia, la fisioterapia sportiva moderna si è evoluta verso un approccio più attivo, il protocollo POLICE.

Questo nuovo acronimo sostituisce il “Riposo” (Rest) con “Protezione” (Protection) e “Carico Ottimale” (Optimal Loading). L’idea di fondo è che il riposo assoluto può essere controproducente, portando a rigidità e atrofia. Un carico precoce, graduale e controllato, invece, stimola la guarigione dei tessuti. Come evidenziato dai protocolli di recupero usati dai fisioterapisti sportivi italiani, il percorso terapeutico moderno è un processo attivo che guida l’atleta dalla fase acuta al ritorno in campo.

Protocollo di Recupero Moderno: Il Modello POLICE

Un giocatore di padel con una diagnosi di tendinite rotulea (ginocchio) o epicondilite (gomito) viene oggi trattato con un approccio multifase. La fase acuta iniziale si concentra sul controllo del dolore e dell’infiammazione con il protocollo POLICE (Protezione, Carico Ottimale, Ghiaccio, Compressione, Elevazione). Segue una fase sub-acuta in cui terapie strumentali come Tecarterapia e Laserterapia accelerano la rigenerazione tissutale. La fase finale, e più importante, è quella del ritorno alla funzione, basata su esercizi eccentrici progressivi che rinforzano il tendine e lo preparano a sopportare nuovamente i carichi di gioco.

Per una tendinite comune nel padel come quella rotulea o della zampa d’oca, un piano di recupero strutturato potrebbe assomigliare a questo, sempre sotto la supervisione di un fisioterapista certificato (ad esempio, iscritto all’A.I.FI. – Associazione Italiana Fisioterapisti):

  1. Fase 1 (0-7 giorni): Protezione dell’articolazione (es. tutore), applicazione di ghiaccio per 15 minuti, 3 volte al giorno, e compressione con bendaggio elastico.
  2. Fase 2 (7-21 giorni): Inizio delle terapie strumentali (es. Tecarterapia, 2 sedute a settimana) e mobilizzazione passiva o assistita per mantenere il range di movimento.
  3. Fase 3 (21-35 giorni): Introduzione di esercizi di rinforzo specifici, come gli esercizi eccentrici (es. slow-down su leg press monopodalica).
  4. Fase 4 (35-45 giorni): Aumento del carico con esercizi pliometrici leggeri (es. piccoli balzi) e movimenti sport-specifici (es. skip laterali).
  5. Fase 5 (45+ giorni): Ritorno graduale e progressivo al gioco, iniziando con sessioni brevi (20-30 minuti) di palleggio a bassa intensità e monitorando la risposta del tendine.

Cavigliera rigida o taping kinesiologico: cosa serve per giocare la partita decisiva?

Quando si ha una caviglia instabile o si torna da un infortunio, la scelta del giusto supporto è fondamentale. Le due opzioni principali, cavigliera rigida e taping kinesiologico, vengono spesso confuse, ma hanno funzioni diametralmente opposte. La scelta sbagliata può compromettere la performance o, peggio, dare un falso senso di sicurezza. La cavigliera rigida funziona come un “casco”: il suo scopo è limitare meccanicamente il movimento dell’articolazione per prevenire una nuova distorsione. È un tutore prettamente protettivo, indicato soprattutto nelle prime fasi dopo un infortunio grave. Il suo svantaggio nel padel è che limita notevolmente l’agilità e la reattività nei movimenti fini.

Il taping kinesiologico, al contrario, non agisce come un blocco meccanico, ma come un “sensore”. I nastri colorati, applicati con una tensione specifica sulla pelle, stimolano i recettori nervosi cutanei. Questo aumenta la propriocezione, ovvero la capacità del cervello di percepire la posizione dell’articolazione nello spazio. Il taping non impedisce il movimento, ma “ricorda” al sistema neuromuscolare di attivare i muscoli stabilizzatori in modo più rapido ed efficiente. È ideale per la prevenzione, per il supporto in caso di instabilità lievi o nelle fasi finali del recupero, quando si vuole riacquistare fiducia nel movimento senza sacrificarne la fluidità.

La scelta dipende quindi dall’obiettivo: massima protezione a scapito dell’agilità, o miglior controllo neuromuscolare con piena libertà di movimento. Ecco un confronto diretto:

Confronto cavigliera rigida vs taping kinesiologico per il padel
Caratteristica Cavigliera rigida Taping kinesiologico
Funzione ‘Casco’ protettivo ‘Sensore’ propriocettivo
Limitazione movimento Alta (30-40%) Minima (5-10%)
Indicazione Post-infortunio grave Prevenzione/supporto leggero
Durata Riutilizzabile mesi 3-5 giorni
Impatto su agilità padel Negativo Neutro/Positivo

Indipendentemente dalla scelta, vale una regola d’oro, come sottolineato dagli esperti del Centro Italiano Postura nella loro guida alla prevenzione:

Mai testare un nuovo supporto il giorno della partita. Qualsiasi tutore o taping va provato prima in allenamento per assicurarsi che non crei sfregamenti, fastidi o alterazioni impreviste del gesto atletico

– Centro Italiano Postura, Guida prevenzione infortuni padel

Da ricordare

  • L’epicondilite è un sintomo sistemico: la sua causa va cercata lungo tutta la catena cinetica, a partire dai piedi e non solo nel braccio.
  • L’attrezzatura (racchetta, scarpe, overgrip) va scelta privilegiando l’assorbimento delle vibrazioni e la tolleranza, non la potenza pura, soprattutto per un livello intermedio.
  • La prevenzione attiva, basata su posizionamento corretto, comunicazione e preparazione atletica, è molto più efficace di qualsiasi trattamento passivo.

Come allenarsi a corpo libero per non avere il fiatone facendo le scale?

Avere il “fiatone” non è solo un segno di scarsa resistenza cardiovascolare, ma un campanello d’allarme per il rischio infortuni. Quando subentra la fatica, la lucidità diminuisce, la tecnica si sporca e il corpo inizia a compensare. I colpi, invece di essere eseguiti con un movimento fluido che parte dalle gambe, diventano strappi di solo braccio. È in questa fase che il gomito è più vulnerabile. Una buona preparazione atletica è, quindi, una forma di prevenzione diretta dell’epicondilite. Non a caso, come riportato da studi epidemiologici recenti, l’incidenza dell’epicondilite nei giocatori di padel si attesta intorno all’8,5%, un dato che potrebbe essere ridotto con un’adeguata preparazione fisica.

Il padel è uno sport di scatti brevi e intensi, non di resistenza prolungata. L’allenamento più efficace non è la corsa lenta, ma l’High-Intensity Interval Training (HIIT), che simula i ritmi di gioco. Un circuito a corpo libero, eseguibile ovunque, può migliorare drasticamente la potenza anaerobica e la capacità di recuperare rapidamente tra un punto e l’altro, permettendoti di mantenere una tecnica pulita anche nel terzo set.

Ecco un esempio di circuito HIIT specifico per il padel, da eseguire 2-3 volte a settimana. L’obiettivo è lavorare alla massima intensità possibile durante la fase di lavoro, per poi recuperare brevemente.

Circuito HIIT specifico per il Padel (4 giri totali)

  1. Skip laterali (per gli spostamenti): 30 secondi di lavoro, 20 secondi di riposo.
  2. Squat Jump (per la potenza di smash e bandeja): 30 secondi di lavoro, 20 secondi di riposo.
  3. Plank con rotazione del tronco (per la stabilità del core nei colpi): 30 secondi per lato.
  4. Burpees (per la resistenza totale): 30 secondi di lavoro, 20 secondi di riposo.
  5. Mountain climbers (per l’agilità e la rapidità dei piedi): 30 secondi di lavoro, 20 secondi di riposo.

Al termine di un giro completo, recuperare per 2 minuti prima di iniziare il successivo.

Questo tipo di allenamento non solo migliorerà la tua resistenza in campo, ma rinforzerà tutta la struttura muscolare, creando un corpo più resiliente e meno soggetto a compensazioni dannose. Un giocatore forte è un giocatore che si infortuna meno.

Per integrare pienamente questo approccio, è essenziale rivedere e padroneggiare i principi di una preparazione fisica efficace e mirata al padel.

Ora hai una visione completa di come l’epicondilite sia il risultato di un sistema complesso e di come ogni dettaglio, dai piedi alla testa, contribuisca alla tua salute e alla tua performance. Adottare questa mentalità da “ingegnere del proprio corpo” è il passo decisivo per smettere di essere vittima degli infortuni e diventare finalmente l’architetto del tuo gioco. Inizia oggi stesso ad analizzare e correggere questi elementi per portare il tuo padel al livello successivo, in totale sicurezza.

Scritto da Davide Greco, Preparatore Atletico (Laurea Magistrale in Scienze Motorie) e Chinesiologo, specializzato in riabilitazione funzionale e sport di endurance. Coach certificato FIT e FIDAL con 10 anni di esperienza nella gestione della performance e prevenzione infortuni.